Bancarotta documentale: Cassazione Sent. n. 23251/2014

Bancarotta documentale: contabilità caotica insufficiente per condanna

Cassazione: sentenza n. 23251/2014

Una condanna per bancarotta fraudolenta documentale non si può fondare sul fatto che la contabilità non è stata consegnata al curatore in un’unica soluzione.

È quanto si evince dalla sentenza 4 giugno 2014 n. 23251 della Corte di Cassazione – Quinta Sezione Penale. Gli Ermellini hanno annullato con rinvio una sentenza della Corte d'appello di Bologna che ha riconosciuto la responsabilità di due soggetti per il reato di bancarotta fraudolenta.

Nel caso di specie, la documentazione contabile, necessaria alla ricostruzione del compendio patrimoniale societario, non fu consegnata al curatore del fallimento in un'unica soluzione, bensì in tre diverse riprese, in un arco temporale di 21 giorni. Parte della contabilità venne recuperata presso terzi, aventi tutti titolo per tenere presso di sé le scritture. Ebbene, sulla scorta di questi rilievi la Suprema Corte ha ritenuto non sufficientemente motivata la sentenza di condanna sottoposta al vaglio di legittimità.

La Suprema Corte ricorda che il delitto di bancarotta fraudolenta documentale sussiste non solo quando la ricostruzione del patrimonio è impossibile per le modalità con le quali è tenuta la scrittura contabile, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, sono stati ostacolati da difficoltà che possono essere superate solo con particolare diligenza. Ma aver atteso 21 giorni per il deposito di tutta la documentazione disponibile, averla raccolta da soggetti comunque non estranei al contenzioso aziendale, aver acquisito in banca altra documentazione costituiscono circostanze che non sono state indicate (e tantomeno descritte) dal giudice di secondo grado “come condotte fortemente impegnative ed espressive di ‘particolare diligenza’ da parte del curatore”.

Ad avviso della Cassazione, in sostanza, la Corte d’appello non solo non ha chiarito l’impatto effettivo degli elementi di difficoltà, ma non ha neppure fatto luce sull’impossibilità effettiva di ricostruire il patrimonio della società fallita, posto che “una tenuta caotica della contabilità certo non consente una ‘verifica puntuale’, ma ben può consentire appunto una ricostruzione accettabile”.

La motivazione insufficiente della sentenza gravata, in merito alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato ascritto agli imputati, ha inciso anche sulla ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale. La Cassazione infatti precisa che il dolo deve essere positivamente accertato, sia pure induttivamente, sicché esso non può essere fatto discendere dalla sola circostanza (costituente l’elemento materiale del reato) che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Se poi si tratta di un’omissione contenuta in limiti temporali alquanto ristretti, appare determinante chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto conoscenza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, piuttosto, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza indagare sulle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice. È infatti pacifico che nel reato di bancarotta fraudolenta documentale l’elemento soggetto del reato consiste nel dolo “generico”, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renderà impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore. Per il reato di bancarotta semplice è invece richiesto, indifferentemente, il dolo o la colpa, atteggiamenti mentali che sono ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture.

In conclusione, la S.C. ha rimesso gli atti alla Corte d’appello di Bologna per un nuovo giudizio

Le valutazioni prognostiche del professionista nella risoluzione della crisi d'impresa e nelle operazioni societarie

LE VALUTAZIONI PROGNOSTICHE DEL PROFESSIONISTA NELLA RISOLUZIONE DELLA CRISI D’IMPRESA E NELLE OPERAZIONI SOCIETARIE

GENESI DELLE RESPONSABILITA’ NEI GIUDIZI PREVISIONALI

Per i professionisti di nomina giudiziaria, la genesi delle responsabilità origina da due fonti:

Legge Fallimentare, laddove è prevista la nomina di un esperto per la “certificazione” della soluzione delle crisi d’impresa, e Codice Civile, laddove è prevista la nomina dell’esperto per alcune delle operazioni straordinarie;
l’art. 64 cpc, quale norma di richiamo del Codice Civile laddove è prevista la responsabilità penale (comma 1) e civile (comma 2) del CT rinviando al contenuto dell’art. 373 cpp che riconduce l’illecito nelle valutazioni commesse dal CT al reato di falsa testimonianza di cui all’art. 372 cpp.

 
Nel merito della soluzione della crisi d’impresa, a sua volta, l’art. 236-bis LF. fa riferimento alle responsabilità del professionista nell’ambito delle attestazioni che comportino la formulazione dei giudizi previsionali.

 

Il riferimento è ai seguenti casi:

 

CONCORDATO PREVENTIVO

art. 160, comma 2, LF., in relazione al valore di mercato di beni e diritti che comporti valutazioni di natura previsionale;
art. 161, comma 3, LF., in relazione al giudizio di fattibilità del piano concordatario.

 

 ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI
art. 182-bis, comma 1, LF., in relazione al giudizio di fattibilità dell’accordo e la sua idoneità a soddisfare i creditori estranei.

 
CONCORDATO PREVENTIVO ed ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI

art. 182-quinques, comma 1, LF., il relazione al giudizio previsionale della migliore soddisfazione realizzabile dai finanziamenti prededucibili;
art. 182-quinques, comma 4, LF., in relazione al pagamento di creditori anteriori funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori in ambito concordatario e di ristrutturazione.

 
CONCORDATO PREVENTIVO IN CONTINUITA’

art. 186-bis, comma 2, LF., in relazione al giudizio sulla prosecuzione dell’attività quale soluzione alla miglior soddisfazione dei creditori;
art. 186-bis, comma 3, LF., in relazione alla ragionevole capacità di adempimento dei contratti pubblici in corso;
art. 186-bis, comma 4, lett. a), LF., in relazione alla ragionevole capacità di adempimento di contratti pubblici in gare da aggiudicare.

 
 

Nel merito delle operazioni straordinarie, nell’ambito delle valutazioni prognostiche formulate dagli esperti nominati dall’Autorità Giudiziaria, le responsabilità penali sono riconducibili alle seguenti fonti normative riferite alla disciplina sulle SpA:

  CONFERIMENTI

art. 2343 CC., sulla stima dei conferimenti di beni e  crediti.

 

FUSIONE
art. 2501-bis, comma 4, CC., nel merito della valutazione della congruità nei rapporti di cambio, nell’ipotesi di acquisizione con indebitamento e di fusione per incorporazione (richiamo nell’art. 2503, comma 1, CC.);
art. 2501-sexies, comma 6, CC., richiamato dall’art. 2501-bis, affinché gli esperti attestino la ragionevolezza del rapporto di cambio determinato dagli amministratori nel progetto di fusione.

 
SCISSIONE PARZIALE NON PROPORZIONALE

art. 2506-ter, comma 3, CC., laddove la valutazione degli esperti attesti la quota di patrimonio affidata alla beneficiaria in presenza di diversa ripartizione delle azioni rispetto alla scissa.

 

 
A)VALUTAZIONI PROGNOSTICHE NELLA RISOLUZIONE DELLA CRISI D’IMPRESA

 

ATTIVITA’ VALUTATIVE DELL’ATTESTATORE: Art. 67, comma 3, lett. d), LF

L’esperto nominato dal debitore, ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), LF., in funzione della formulazione del giudizio di attestazione di veridicità dai dati aziendali su cui si fonda il piano, deve sostanzialmente esaminare:

caratteristiche dell’azienda del debitore;
contesto imprenditoriale di riferimento;
controllo di veridicità dei dati aziendali;
rischi dell’attività di attestazione.

In esecuzione delle predette attività, il professionista attestatore eseguirà il proprio mandato in ottemperanza ai principi di attestazione dei piani di risanamento emanati da AIDEA, ANDAF, APRI, IRDEC ed OCRI i quali, partendo dalla base dati contabile, individuano la stessa quale base di giudizio sulla coerenza del progetto di soluzione della crisi.

Nella relazione di attestazione (art. 161, comma 3, LF., art. 182-bis, comma 1, LF.), l’attestatore deve esprimere un giudizio:
sulla veridicità dei dati aziendali esposti dal debitore nel piano, da lui acquisiti ed analizzati;
sulla fattibilità delle ipotesi formulate per il superamento della crisi.

L’attestazione di fattibilità del piano concordatario o dell’accordo di ristrutturazione, si estrinseca in una valutazione prognostica ex-ante dell’attendibilità delle previsioni in essi contenute, ovvero nella ragionevole probabilità che il piano, al momento della sua applicazione, sia idoneo a consentire il conseguimento del risultato ipotizzato portando alla soluzione della crisi d’impresa.

L’attestatore, pertanto, non può limitarsi ad esprimere un giudizio asettico di ragionevolezza, ma deve illustrare le ragioni che hanno portato al parere di fattibilità.

In buona sostanza, l’attestatore deve verificare la verosimile razionalità e fattibilità del piano in relazione al conseguimento degli obiettivi, evidenziando la idoneità ed adeguatezza degli strumenti finanziari presenti e futuri al risanamento dell’esposizione debitoria.

L’attestazione di fattibilità del piano ricopre importanza fondamentale, poiché legata al conseguimento degli effetti derogatori alla revocatoria di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), LF, nell’ipotesi di successivo fallimento dell’impresa.  

 

ATTIVITA’ VALUTATIVE DELL’ATTESTATORE: Art. 160, comma 2, LF, ed art. 161, comma 3, LF.

Sotto il profilo delle valutazioni prognostiche nell’ambito delle procedure concordatarie, ex artt. 160, comma 2, e 161, comma 3, LF., l’attività dell’attestatore deve focalizzarsi:
crediti v/soci per versamenti dovuti: verifica delle delibere che ne giustifichino misura ed esigibilità;
immobilizzazioni immateriali: verifica della titolarità di brevetti e marchi aziendali, autorizzazioni e licenze, diritti di concessione, analizzandone per ciascuno la validità e durata residua di sfruttamento e l’esistenza di eventuali vincoli che ne impediscano l’alienabilità o la concessione in godimento, laddove ne sia previsto il realizzo nel piano; deve, laddove esistenti, valutare le perizie di stima redatte da professionisti, verificare il contenuto e la veridicità di eventuali offerte di acquisto e verificare la congruità, ragionevolezza e prudenza adottata dal debitore nella proposta in relazione all’attivo da queste realizzabile;
immobilizzazioni materiali: analizzare la procedura di inventariazione, l’effettiva titolarità e la consistenza fisica, attraverso interrogazioni alla CCRRII, al PRA, rilevando l’assenza di vincoli che ne compromettano l’alienabilità, la sussistenza di eventuali contratti di locazione, diritti di prelazione, opzioni di acquisto, vincoli urbanistici e presenza di clausole di riserva di proprietà; deve, laddove esistenti, analizzare le perizie di stima redatte da tecnici e professionisti, anche in occasione di eventuali rivalutazioni civilistiche e/o fiscali, oltreché la presenza di eventuali finanziamenti erogati in sede di acquisto; accertare i valori medi di mercato e la presenza di eventuali offerte di acquisto, entrando nel merito della loro congruità, ragionevolezza e prudenza;
partecipazioni: accertare la titolarità, verificandone gli atti pubblici di provenienza, l’esistenza di eventuali vincoli o gravami (pegni), analizzare le norme statutarie delle partecipate, la presenza di eventuali patti parasociali e di tutti quei fattori che potrebbero vincolarne l’alienabilità; deve, laddove esistenti, analizzare le perizie di stima redatte da tecnici e professionisti, anche in occasione di eventuali rivalutazioni civilistiche e/o fiscali; deve determinare, per ciascuna partecipazione, il valore attribuibile sulla base del patrimonio netto risultante  dall’ultimo bilancio approvato. Per i crediti intercompany, deve determinare l’esatto valore di realizzo indicato nel ricorso, per il tramite di espressa richiesta di conferma del credito alla partecipata; deve procedere al riscontro delle quotazioni ufficiali degli eventuali titoli obbligazionari (di Stato e non) detenuti dal debitore, e verificare la documentazione disponibile con riguardo alle eventuali ulteriori attività finanziarie non immobilizzate detenute dalla stessa;
rimanenze: analisi delle procedure di inventariazione, redatto per quantità e valori e riscontro con l’esistenza fisica, il tutto da raffrontarsi con i valori contabili, accertare la titolarità, verificandone gli atti pubblici di provenienza, l’esistenza di eventuali vincoli o gravami (pegni), analizzare le norme statutarie delle partecipate, la presenza di eventuali patti parasociali e di tutti quei fattori che potrebbero vincolarne l’alienabilità; deve, laddove esistenti, analizzare le perizie di stima redatte da tecnici e professionisti, anche in occasione di eventuali rivalutazioni civilistiche e/o fiscali, valutare i valori medi di mercato e di realizzo, e valutare congruità, ragionevolezza e prudenza delle eventuali offerte di acquisto;
lavori in corso su ordinazione: verifica dei contratti sottostanti le singole commesse, compresi varianti ed integrazioni autorizzati dal committente; analisi di eventuali elementi di natura tecnico-regolamentare che possano compromettere l’ultimazione delle commesse od aggravarne il costo, oltreché riscontrare la convenienza economica alla ultimazione dei lavori; verificare la congruità, ragionevolezza e prudenza della quantificazione indicata nel ricorso in merito all’attivo realizzabile dalla cessione nello stato ovvero dalla ultimazione della commessa;
crediti tributari e commerciali: verificare la corrispondenza con le risultanze dei dichiarativi fiscali e dai registri obbligatori, anche mediante analisi del “cassetto fiscale”; riscontro presso il concessionario della riscossione, l’AE e gli enti previdenziali della sussistenza di debiti pregressi che rendano inesigibile il credito; valutazione dei tempi di realizzo raffrontato al rendimento in caso di cessione del credito; valutare la congruità delle eventuali imposte anticipate in considerazione della continuità aziendale e della capacità delle stesse di produrre utili non tassabili;
crediti finanziari, commerciali ed altri crediti: circolarizzazione dei crediti e loro riconciliazione con i saldi contabili, con accertamento degli eventuali crediti commerciali ceduti; verifica degli eventuali crediti per fatture da emettere; analisi della congruità della quantificazione esposta nel ricorso con riferimento all’attivo realizzabile dalla riscossione, attraverso un’analisi dettagliata che tenga conto dell’età, della storia e dell’attualità del rapporto con il debitore, della sua solvibilità (accertamento di presenza di eventuali procedure concorsuali), di eventuali contestazioni sul credito;
debiti finanziari: analisi dell’attestato della centrale rischi rilasciato da Banca d’Italia; verifica della presenza di eventuali cause di prelazione, delle eventuali garanzie prestate dall’azienda, il tutto riconciliato con le scritture contabili;
debiti commerciali: circolarizzazione e riconciliazione dei saldi contabili; analisi dei contenziosi passivi in corso con richiesta di parere a professionisti sull’esito degli stessi; verifica della documentazione a supporto del riconoscimento della natura privilegiata dei debiti nei confronti di professionisti, agenti, artigiani e coop e locatori di immobili;
debiti tributari e previdenziali: verifica e raffronto delle debitorie con i dichiarativi e con il “cassetto fiscale”; verifica delle situazioni debitorie presso il concessionario della riscossione, l’AE e presso gli enti previdenziali; accertamento dell’assenza di verifiche fiscali in corso, di verbali di accertamento notificati; verifica dei gradi di privilegio della debitoria;
debiti verso il personale: analisi dei rapporti di lavoro dipendente e del trattamento economico, e verifica della corretta esecuzione degli adempimenti di legge; analisi diretta del valore della debitoria compreso il controllo della quantificazione dei salari, dei ratei spettanti e del TFR, oltre alla presenza di eventuale CIGS.
 

Superata la fase degli accertamenti, l’attestatore deve procedere alla formulazione della relazione di attestazione, che deve essere strutturata in tre parti.

Nella prima parte, il professionista deve indicare la documentazione esaminata, indicando l’arco temporale oggetto di verifica, la situazione societaria riscontrata al momento della redazione del piano e gli accertamenti esperiti in merito alla veridicità dei dati contenuti nel piano contenuto nel ricorso, specificando le tecniche adottate per la revisione dei valori e nell’analisi dei documenti acquisiti.

Nella seconda parte, l’attestatore deve procedere all’analisi del piano proposto dal debitore, partendo dal riepilogo delle ipotesi formulate dal debitore stesso, dalle proiezioni temporali e dalle strategie di risanamento o liquidazione. L’attestatore deve esprimere un giudizio sulle stesse verificando se trattasi di ipotesi normali, ovvero riferite ad eventi futuri ragionevolmente desunti da elementi oggettivi, oppure da ipotesi non supportate da dati storici aziendali, specificando se in passato l’azienda abbia dimostrato la coerenza gestionale con i piani e budget predisposti. L’attestatore deve, inoltre, esprimere un giudizio sulla correttezza e coerenza dello sviluppo quantitativo del piano, concludendo con l’idoneità dell’impresa a consentire il superamento dello stato di crisi.

Nella terza parte, l’attestatore deve esprimere un giudizio sulla veridicità dei dati aziendali ed un giudizio sulla fattibilità e sostenibilità del piano. Trattandosi di due giudizi separati, possono essere entrambi positivi, ovvero l’uno positivo e l’altro negativo, laddove in caso di parere negativo sulla veridicità dei dati aziendali non possa esprimersi parere positivo sulla fattibilità del piano, mentre pur in presenza di dati aziendali veritieri l’attestatore potrà esprimere un giudizio negativo sulla fattibilità del piano.

 

ATTIVITA’ VALUTATIVE DELL’ATTESTATORE: Art. 182-bis, comma 1, LF.

L’attività esperita dall’attestatore nel concordato preventivo, trova analoga operatività degli accordi di ristrutturazione del debito.

L’art. 182-bis, comma 1, LF. dispone che la domanda di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti con almeno il 60% dei creditori presentata al Tribunale, debba contenere una relazione predisposta da professionista incaricato dal debitore che attesti la veridicità dei dati aziendali (analoga al dettato dell’art. 161, comma 3, LF.), e la fattibilità dell’accordo con particolare riferimento alla idoneità a soddisfare l’integrale pagamento dei creditori estranei all’accordo.

Pertanto, il complesso delle attività che l’attestatore deve esperire in materia di concordato, devono essere svolte anche nell’ipotesi di accordo di ristrutturazione del debito.

In tal caso la relazione di attestazione, deve contenere, oltre a quanto già descritto in precedenza per il concordato, nella seconda parte, l’individuazione dei debiti extra-accordo corredata dalle eventuali cause di privilegio e dall’analisi delle risorse presenti e future destinate al loro soddisfacimento, e nella terza parte, oltre al giudizio di veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità dell’accordo, il giudizio sulla sostenibilità al pagamento integrale dei debiti rimasti fuori dall’accordo e sulle tempistiche dell’adempimento.

 

ATTIVITA’ VALUTATIVE DELL’ATTESTATORE: Art. 182-quinques, comma 1, LF.

L’art. 182-quinques LF, dispone, per i piani concordatari e per gli accordi di ristrutturazione, che il debitore possa assumere dei finanziamenti prededucibili, ex art. 111 LF., a condizione che un professionista attesti che tali finanziamenti siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

L’intento del legislatore (nel decreto sviluppo D.L.83/2012), era quello di facilitare le imprese che intendessero proporre concordati preventivi od accordi di ristrutturazione a superare la crisi attraverso la possibilità di contrarre finanziamenti provenienti da qualsiasi fonte esterna od interna all’azienda.

La possibilità di acquisire nuova finanza prededucibile, rappresenta condizione necessaria per sopperire alla carenza di liquidità ed alla difficoltà di accesso al credito, tipici delle aziende in crisi. In molti casi, infatti, per la soluzione della crisi non sono solo necessari interventi in ambito economico, ma anche nuove risorse finanziarie da investire nella riorganizzazione societaria, con la prospettive di invertire il ciclo economico e rilanciare la fase finanziaria.

Superate le incertezza sulla prededucibilità dei finanziamenti a favore degli eroganti (cd. finanziamenti-ponte o finanziamenti anteriori) presenti nell’art. 182-quater LF., l’art. 182-quinques si occupa proprio dei finanziamenti erogandi od erogati successivamente la presentazione delle domande di concordato o ristrutturazione del debito.

Il comma 1 dell’art. 182-quinques, disciplina infatti i cd. finanziamenti interinali, ovvero di quelli che vengono erogati nel corso del procedimento di pre-concordato o di pre-accordo di ristrutturazione, e prima dell’omologa, distinguendoli da quelli erogati prima dell’omologa (finanziamenti-ponte) di cui all’art. 182-quater LF.

Per poter accedere ai finanziamenti interinali, l’impresa in crisi necessita dell’autorizzazione del Tribunale: è proprio tale autorizzazione che consente la prededucibilità degli stessi. E’ bene specificare che i finanziamenti interinali, possono essere richiesti anche in presenza di concordato liquidatorio, non essendo necessaria la continuità aziendale.

I benefici per i soggetti eroganti possono essere riassunti:

prededucibilità, ex art. 111 LF (anche con rilascio di pegno od ipoteca);
opponibilità ai creditori anteriori, ex art. 167 LF;
esenzione dalla revocatoria fallimentare, ex art. 67 LF;
esenzione dai reati di bancarotta, ex art. 217-bis LF.

L’art. 182-quinques, comma 1, LF, subordina l’autorizzazione del Tribunale a contrarre finanziamenti all’attestazione di un professionista designato dal debitore.

L’attestatore deve verificare il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione del concordato o dell’accordo di ristrutturazione, ed attestare che i finanziamenti contratti siano funzionali alla migliore soddisfazione del ceto creditorio. Indubbiamente l’attività dell’attestatore nel caso di specie è speciale rispetto alla normale attestazione di cui all’art. 182-bis, potendo essere presentata anche successivamente la domanda di concordato preventivo o di omologa dell’accordo di ristrutturazione.

Aspetto importante sul contenuto dell’attestazione: l’attestatore deve quantificare il complessivo fabbisogno finanziario dell’azienda fino all’omologazione e non oltre, stante la natura interinale dei finanziamenti, specificando la rilevanza, l’utilità ed il beneficio che ne trarranno i creditori; pertanto, non è richiesta che venga attestata la funzionalità dei finanziamenti anche per il periodo post-omologa, restando sottinteso che l’esecuzione della proposta concordataria generi i flussi finanziari necessari all’adempimento del concordato o dell’accordo.

 

ATTIVITA’ VALUTATIVE DELL’ATTESTATORE: Art. 182-quinques, comma 4, LF.
L’art. 182-quinques, comma 4, LF, prevede a sua volta la possibilità per il debitore di essere autorizzato a pagare crediti anteriori per cessioni e prestazioni di servizi, previa attestazione del professionista il quale certifichi che tali prestazioni siano essenziali per la prosecuzione dell’attività d’impresa e funzionali alla migliore soddisfazione del ceto creditorio.

Tale norma, rappresentando una deroga alla par condicio creditorum, ha natura eccezionale e non può che applicarsi alle ipotesi concordato in continuità.

In buona sostanza, il legislatore considera tali pagamenti alla stregua di atti di straordinaria amministrazione che, a causa della loro incidenza sul patrimonio del debitore e della loro potenziale dannosità per i creditori, esige sia l’autorizzazione del Tribunale che l’attestazione di un esperto che ne verifichi l’oggettiva esistenza e la loro imprescindibilità rispetto alla corretta esecuzione del concordato.

Non è del tutto chiaro di cosa si intenda per pagamenti di beni o servizi essenziali per il proseguimento dell’attività, visto che molti dubbi sono stati sollevati in special modo per le prestazioni di servizi. Tra queste, quelle che dovrebbero essere considerate essenziali sono da ricondurre all’attività di ricerca e sviluppo, di contabilità e revisione, di architettura ed ingegneria, i servizi legali ed i servizi socio-sanitari. In qualsiasi caso, il concetto non può essere delimitato, ma deve essere oggetto di analisi caso per caso da parte del Tribunale investito dell’istanza ex art. 182-quinques LF.

Quanto poi alle prestazioni di beni, la giurisprudenza recente ha ribadito che i pagamenti devono riguardare beni non fungibili (c.d. fornitori strategici) rispetto a quelli che potrebbero essere prestati da altri fornitori, rivestendo il prodotto un rilievo particolare privo di alternative di mercato.

Nel caso di specie, il professionista è chiamato ad attestare l’essenzialità delle prestazioni per la prosecuzione dell’attività d’impresa, e che il loro pagamento sia funzionale ad assicurare la miglior soddisfazione dei creditori. Tale ultima affermazione fa insorgere difficoltà tecnico-applicative, poiché la normativa non fornisce indicazioni su cosa si intenda per “miglior soddisfazione dei creditori”. L’interpretazione della norma porta a sostenere che il miglior soddisfacimento consista nel certificare che i creditori avranno un trattamento almeno pari o migliore rispetto a quello che avrebbero nel caso in cui i pagamenti non venissero effettuati.

 

ATTIVITA’ VALUTATIVE DELL’ATTESTATORE: Art. 186-bis, comma 2, lett. b) LF.

Il caso previsto dall’art. 186-bis, comma 2, lett. b), LF, ha riguardo all’ipotesi di istanza concordato in continuità in capo all’imprenditore insolvente, ovvero della cessione dell’azienda ad un terzo od il conferimento della stessa in una o più società.

Nell’ipotesi di specie, l’imprenditore è chiamato  depositare un vero e proprio progetto imprenditoriale ed un piano finanziario delle risorse necessarie a sostenere il piano industriale.

A sua volta, l’attestatore è chiamato ad individuare i flussi di cassa futuri e funzionali alla prosecuzione dell’attività d’impresa previsti dal piano industriale e finanziario predisposto dall’imprenditore.

In buona sostanza, l’attestatore dovrà:

attestare la veridicità dei dati aziendali, art. 161, comma 3, LF;
verificare il piano industriale e finanziario predisposto dall’imprenditore, ed attestare la correttezza delle previsioni di cash-flow in essi formulati per il periodo di esecuzione del concordato.

Anche nel presente articolo, è presente la locuzione al miglior soddisfacimento dei creditori. Per soddisfare tale requisito, la relazione dell’attestatore deve contenere il raffronto tra i valori derivanti dalla continuità aziendale prospettati nella proposta di concordato, evidenziando le possibili perdite conseguibili, con i valori che si determinerebbero in assenza di concordato, evidenziando l’equilibrio economico-finanziario che l’azienda raggiungerà con l’esecuzione del concordato ed il conseguente beneficio finale per i creditori.

Infine, nell’ipotesi di continuità in presenza di cessione di azienda o di conferimento in una o più società, l’attestatore dovrà porre attenzione alla concreta presenza di offerte di acquisto dell’azienda o di rami della stessa, nonché la presenza di risorse garantite da parte dei soci a titolo di aumento di capitale sociale e/o finanziamenti postergati.

 

ATTIVITA’ VALUTATIVE DELL’ATTESTATORE: Art. 186-bis, comma 3, ed art. 186-bis, comma 4, LF.

Nel concordato preventivo in continuità, il comma 3 dell’art. 186-bis dispone che l’apertura della procedura concordataria non sia causa di risoluzione di contratti anche le PP.AA., anche laddove l’impresa in concordato sia aggiudicataria di appalti in ATI. La norma tiene, altresì, conto anche dei casi di concordato in continuità mediante cessione dell’azienda, di rami della stessa, ovvero in caso di conferimento, disponendo la continuità nei contratti a favore della cessionaria e della conferitaria.

Tuttavia, per la prosecuzione degli appalti pubblici, l’ammissione al concordato in continuità è condizionata all’attestazione di un professionista che attesti la conformità del piano e la ragionevole capacità di adempimento dell’impresa in concordato a pena della risoluzione del contratto.

In tale ipotesi, l’attestatore deve certificare che i flussi finanziari prodotti nella procedura siano sufficienti a garantire l’esatta esecuzione dell’appalto pubblico, sino a completa esecuzione dello stesso anche post-omologa.

A sua volta, l’art. 186-bis, comma 4, lett. a) stabilisce che l’ammissione alla procedura di concordato preventivo in continuità, non impedisca all’impresa la partecipazione alle gare per le quali dovesse rendersi aggiudicataria. Anche in questo caso la norma si applica alle imprese in concordato partecipanti a gare pubbliche in ATI, a condizione che la capogruppo e le altre partecipanti all’ATI non siano assoggettate a loro volta a procedura concorsuale.

In tal caso, l’attestatore dovrà certificare la conformità del piano proposto dall’imprenditore e la ragionevole capacità di adempimento del contratto pubblico con particolare riguardo all’individuazione dei flussi di cassa ad esso necessari.

Punto importante sul quale l’attestatore dovrà focalizzare la propria attenzione, è la presenza dell’avvalimento, ovvero la presenza di apposita dichiarazione rilasciata da altro soggetto economico, il quale si impegni a:
mettere a disposizione dell’impresa in concordato preventivo in continuità, per tutta la durata del contratto da aggiudicarsi, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto;
eventualmente subentrare all’impresa in concordato nell’ipotesi di suo successivo fallimento.
 

 

B)VALUTAZIONI PROGNOSTICHE NELLE OPERAZIONI STRAORDINARIE

 

VALUTAZIONI IN SEDE DI CONFERIMENTO: art. 2343, commi 1 e 2, CC.

Una breve premessa.

 Le perizie di stima nei conferimenti, ex art. 2343 (per le SpA) ed art. 2465 CC (per le SRL), sono richiamate dall’art. 2500 CC. relativamente alla trasformazione delle società di persone in società di capitali.

Sia le perizie di conferimento che quelle di trasformazione, hanno lo scopo di garantire l’integrità del patrimonio sociale(tutela esterna dei terzi), con un distinguo:

perizie di conferimento: hanno la finalità di tutelare il soggetto conferente, garantendogli l’assegnazione di un numero di azioni equivalente al valore del conferimento, i vecchi azionisti, i quali potrebbero risultare danneggiati da un’eventuale sopravvalutazione dell’apporto, ed i terzi i quali devono avere garanzie sull’integrità del capitale societario (tutele interne ed esterne);
perizie di trasformazione: hanno la finalità di attestare che il patrimonio netto della trasformata sia pari al suo capitale sociale (tutela esterna verso i terzi a garanzia dell’integrità del patrimonio sociale).

L’art. 2343 CC, stabilisce che chi conferisca beni in natura o crediti debba presentare una perizia giurata redatta da un esperto designato dal Tribunale, contenente la descrizione dei beni o crediti conferiti, ed attestante che il loro valore risulti almeno pari a quello attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale, esponendo i criteri seguiti. La norma citata, aggiunge che l’esperto nominato risponde dei danni causati, in applicazione dell’art. 64 cpc.

In questa sede si tratterà esclusivamente del ruolo del professionista nella veste di esperto nominato dal Tribunale, di cui all’art. 2343 CC per le SpA, poiché l’art. 2565 CC per le SRL prevede che la nomina dell’esperto sia effettuata direttamente dal conferente.

Premettendo che nelle SpA, non sono conferibili prestazioni d’opera o servizi, per conferimento si intende l’apporto di:
denaro;
beni in natura (macchinari, impianti, attrezzature, immobili etc);
aziende;
crediti.

L’art. 2343 CC, prevede che la relazione di stima contenga i seguenti elementi:
descrizione di beni e/o crediti conferiti;
criteri di valutazione seguiti.

Il legislatore non ha individuato dei precisi criteri di valutazione, lasciando all’esperto libero arbitrio nella scelta degli stessi più opportuni, talché nella prassi vengono adottati i principi suggeriti dalla prassi professionale (OIC e CNDCEC).

Nonostante l’esperto non ricopra la veste di CTU, l’art. 2343 CC. prescrive che ad esso si applichino le disposizioni di cui all’art. 64 cpc previste per i consulenti tecnici, rispondendo lo stesso dei danni causati nella valutazione nei confronti di società, soci e terzi. E’ bene rammentare che la responsabilità ex art.64 cpc, si applica anche alle perizie per le SRL, ex art. 2465 CC.

 
VALUTAZIONI IN SEDE DI FUSIONE: art. 2501-bis, comma 4, ed art 2501-sexies, comma 6, CC.

L’art. 2501-bis CC dispone su una disciplina speciale nella fusione tra società, laddove una delle partecipanti alla fusione abbia acquisito debiti per il controllo dell’altra, e per effetto della fusione il patrimonio della controllata divenga garanzia generica per il rimborso dei debiti.  

Come noto la disciplina generale in materia di fusione, art. 2501-sexies CC, prevede, nel caso di fusione tra SpA, che uno o più esperti nominati dal Tribunale esprimano un giudizio di congruità e ragionevolezza sul rapporto di cambio esposto nel progetto di fusione. Tale disciplina generale, ha, quindi, esclusiva tutela interna, ovvero è prevista a salvaguardia dell’interesse degli azionisti partecipanti alla società risultante dalla fusione.

Pertanto, il dispositivo di cui al comma 4 dell’art. 2501-bis CC, prevedente la relazione dell’esperto, rappresenta un’eccezione alla norma generale trattandosi di relazione limitata ed anomala rispetto a quella generale, poiché in tal caso l’attestazione richiesta è funzionale all’interesse del ceto creditorio e non degli azionisti. Più precisamente, il compito dell’attestatore è quello di render chiaro al ceto creditorio, se ed in quale misura il patrimonio sociale risultante dalla fusione corra il rischio di essere utilizzato a salvaguardia dell’investimento dei soci, piuttosto che dei creditori dell’attività d’impresa (tutela esterna).

Appare evidente come il compito assegnato agli esperti, nel caso di fusione in presenza di indebitamento, sia quello di attestare la sostenibilità finanziaria dell’operazione di fusione, analisi che si fonda sulla verifica della capacità della società risultante dalla fusione a generare i flussi di cassa sufficienti a garantire il pagamento degli interessi e delle rate di capitale del debito, ovvero di mantenere, al termine del periodo del piano economico-finanziario, un livello fisiologico di indebitamento finanziario almeno pari a quello antecedente il debito contratto per l’acquisizione.

In definitiva, nell’ipotesi di fusione in presenza di indebitamento, gli esperti nominati dal Tribunale dovranno esprimere due giudizi:

sulla sostenibilità finanziaria futura della fusione, ex art. 2501-bis, comma 4, CC;
sulla congruità del rapporto di cambio, ex art. 2501-sexies CC.

 
VALUTAZIONI IN SEDE DI SCISSIONE: art. 2506-ter, comma 3, CC.

La disciplina sulla fusione, artt. 2506 e segg. CC, all’art. 2506-ter richiama le norme sulla fusione, esonerando dalla relazione degli esperti nell’ipotesi di scissione parziale proporzionale. La relazione degli esperti, di cui all’art. 2501-sexies CC., viene richiamata dal comma 3 dall’art. 2506-ter, pertanto, soltanto nel caso di scissione parziale non proporzionale.

L’art. 2506-ter, comma 1, CC, prevede che l’organo amministrativo delle società che partecipano alla scissione (sia proporzionale che non proporzionale) debba redigere una situazione patrimoniale in conformità a quanto previsto per la fusione. Tale documento appare di fondamentale importanza, poiché espone ai soci ed ai terzi l’individuazione dei beni assegnati alla beneficiaria ed i valori di questi elementi; più precisamente, la situazione deve contenere:

il valore dei beni assegnati determinato ai fini del rapporto di cambio;
il valore effettivo dei beni assegnati;
il valore contabile dei beni assegnati.

A seguito del disposto dell’art. 2506-ter, comma 3, CC, per rinvio all’art. 2501-sexies CC, è necessario che uno o più esperti per ciascuna società partecipante alla scissione, nominati dal Tribunale, attesti la congruità del rapporto di cambio delle azioni (o quote in caso di SRL, ma in tal caso l’esperto/i non necessitano di nomina da parte del Tribunale).

Con riferimento al contenuto dell’attestazione, oltre a valutare la congruità del rapporto di cambio, potrà contenere:
attestazione in merito alla non necessità di garanzie a tutela dei creditori legittimati all’opposizione, idonea a sterilizzare l’esercizio di tale diritto, ex art. 2503 CC;
stima del patrimonio sociale, nell’ipotesi in cui la scissione riguardi una società di persone e la/e beneficiaria/e sia una società di capitali;
attestazione di sostenibilità finanziaria contenuto nel progetto di scissione, nell’ipotesi di fusione per incorporazione precedente alla scissione.

 

15 Aprile 2015

 

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